mercoledì 9 luglio 2008

I had no dream..

"Tutto ti attrae e niente ti trattiene" mi disse il prof di filosofia, quando agli ultimi giorni di scuola ognuno andava esponendo le proprie preferenze circa il futuro percorso universitario e io immancabilmente rispondevo con quell'ignavo e tanto triste "boh.." Di fatto tutte le varie materie che mi erano state proposte le avevo sempre svolte con eguale impegno, condannata da un'innata tendenza al perfezionismo che mi spingeva e mi spinge tuttora a cercare di fare al meglio ogni cosa che intraprendo..E così, forse molto innaturalmente non avevo sviluppato un interesse specifico.. più che quello che volevo fare, sapevo quello che non volevo fare..Tutto ciò per dire che ,alla fine, di far medicina decisi il 15 agosto e non senza perplessità..Ecco quali furono più o meno le motivazioni :penso che una delle ambizioni più vive e più necessarie per un pieno e bel vivere sia quella di conoscere, conoscere e capire il più possibile di questo mondo che ci circonda e che solo per un fuggevole momento ci è dato la possibilità di guardare. Rifuggirel'apatia e il vivere lasciandosi trascinare dagli eventi, un pò stanchi e disinteressanti..fare un'esperienza di vita significativa e profonda. In quest'ottica, escludendo gli aspetti troppo interessanti ma anche troppo difficili (per me mente umanistica) offerti dalla fisica, dalla matematica, dall'ingegneria, mi venne quasi spontaneo rivolgermi alla medicina. Questo settore infatti oltre ad offrirmi un 'amplissima fonte di conoscenza, anche se ovviamente specifica, sembrava potermi garantire ampio accesso anche all'altro grande polo del mio interesse :la scoperta dell'uomo, il contatto umano, l'interscambio patetico con l'altro, i risvolti antropologici..Infatti riflettendoci la medicina è sicuramente una tra i più rappresentativi modelli di connubio tra mente e corpo, tra domini della scienza e luoghi dell'anima. E così feci la mia scelta. Benedetto de Bernard riflette circa le qualità desiderabili dei docenti di questo corso, io penso che in fondo dovrebbero essere perseguibili trasversalmente nell'intera compagine dei docenti (che magnifica utopia!) E comunque queste caratteristiche si rendono quanto più necessarie in una disciplina come questa che, proprio in virtù del suo "stare in mezzo e allo stesso tempo comprendere" sia scienza che anima tendono naturalmente ad una complessità che deve essere ben gestita e non deve sfuggire al docente, pena un triste e indebito impoverimento della disciplina.

Nessun commento: